mercoledì 28 aprile 2010

Teologia di un migrante


Deve essere un dio dispettoso quello che mi guarda camminare su queste terre di altri.
Estraneo ovunque, sono un punto nero che si muove tra tanti, più nero degli altri.
Deve essere un dio esigente e dal passo buono per condurre sempre a terre Promesse e Lontane, invisibili all'orizzonte.
Molto idealista o molto distratto per non accorgersi del mio avere fame-avere freddo.
Con un certo amaro senso dell'umorismo per avermi scolpito sotto piogge calde e soli rossi e abbandonato poi tra foreste di ombrelli ed impermeabili color noia. Passi umidi sull'asfalto bagnato.

Eppure la sera quando il vostro cielo plumbeo ritrova la naturalezza del blu mi fermo e prego.

Prego un dio fratello, che comprenda la mia lingua dai suoni duri e rida con me del vostro instancabile gesticolare.
Un dio scalzo, che sappia quanto scotta la lamiera del container e porti con sé due vesciche chiare sotto i piedi, ricordo delle piante bruciate.
Un dio frettoloso, che si alzi dal suo giaciglio di immortalità e muova instancabile la ruota del tempo e della memoria, perché i giorni da schiavo passino presto ed io lo sappia.
Prego un dio madre, che abbia cura di ogni viaggiatore e vagabondo, di ogni coraggiosa sorella di cammino che non sono stato in grado di difendere, di accompagnare.
Prego un dio musicista, capace di restituirmi in una brezza i suoni della mia gente e delle loro mani scure su corde e tamburi, per rompere questo silenzio soffocante di chilometri e mediterraneo.

Aiutatemi questa sera, fratelli e sorelle immersi nella danza, con le voci, con i canti con il battito dei vostri piedi sulla terra.
Ballate, sudate, e ringraziate chi ha inventato musica, spezie e sapori che viaggiano di mare in mare, di gente in gente.
Vi guardo, oltre le ciglia ho un sogno o una liturgia.
Bambini, uomini, donne, colori. Passato e futuro.
Si fondono i nostri ritmi, le nostre tante lingue.
Le mani raccolgono riso dagli stessi enormi piatti e noi non siamo più stranieri.


30 giugno 2009, giornata mondiale del rifugiato.
Festa al centro di accoglienza per rifugiati politici, Via Quarto di sopra, Bologna

Enrica

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