venerdì 23 aprile 2010

Ritorno


Torno a Parma dopo due mesi di Oromia, non dico Etiopia, qualcuno immaginerà perché.
Sono persa più che mai e inorridita dalle persone che incontro e mi compatiscono dicendomi che, poverina, ho il mal d'Africa... No, amici miei, ho il mal d'Italia! Cosa succede? vi lascio per due mesi e va tutto a rotoli! Ho aperto il giornale a Fiumicino e mi sono spaventata. L'Italia post-regionali è in mano alla lega con forza sempre maggiore. Chiude l'ospedale di Emergency nel sud dell'Afghanistan, esaurita così anche una delle poche fonti di informazioni credibili su territorio Afghano. Il governo italiano ne è ben felice e non muove un dito. Si offende anzi perchè i poveracci non accettano il volo di stato per tornare a casa. Come se l'Italia potesse essere ancora una casa per loro. Il paese che li considera terroristi. Le dichiarazioni di Frattini fanno rabbrividire. Arrivo a pagina 5 e ne ho già abbastanza. Cosa ci succede?
Ho passato gli ultimi due mesi con un popolo che ha vissuto cent'anni di colonizzazione da parte di quello che La Storia ha chiamato L'impero etiope, ed ora sperimenta una dittatura travestita da federalismo. Eppure la gente sente chiaro e forte il desiderio di essere liberi, e di vivere in un paese democratico. "Come l'Italia!" mi dicono (non sanno...). E noi? Cosa sentiamo noi?
Passo due mesi a studiare e a discutere di identità. Ogni giorno mi vergogno di più pensando al mio paese. Cosa stiamo lasciando succedere? Perché non c'è reazione?
Il centro di Parma è vestito a festa con il tricolore ad ogni angolo. Mi chiedo chi sappia con quale significato. Abbiamo perso le radici ad una velocità impressionante. Il fratello di mio nonno e morto partigiano a vent'anni, e mio fratello adolescente non lo sapeva. Gliel'ho detto io, oggi. Non lo immaginava. Andremo insieme all'ANPI a tesserarci, poco importa se è simbolico, io ne sono felice. Generalmente gli Oromo sanno contare fino a 10 generazioni precedenti la loro. Conoscono i nomi dei propri antenati e anche qualche storia. Le storie che fanno La Storia. Le si impara ascoltandole dai propri genitori, ce le si racconta la sera, dopo la fatica quotidiana. Il racconto prende vita, si ripete, diventa rito. In questo modo si crea memoria.
Io non ricordo il nome del padre di mio nonno. Tra gli Oromo ero uno scandalo. E in effetti penso che lo siamo tutti. La memoria è persa.
Presto si cominceranno a sentire le solite annuali dichiarazioni di chi chiede di scrivere la storia dei vinti, di moderare i festeggiamenti del 25 aprile, di chi dice di non mitizzare la resistenza, perché anche i partigiani sparavano, anche i partigiani hanno ucciso. Io ricordo le parole di un mio professore all'università: "Certo, anche i partigiani sparavano, e la resistenza è stata una guerra civile, ma in quella guerra, non possiamo dimenticarlo, era ben chiaro chi aveva ragione e chi aveva torto".
Io, come ogni anno, festeggerò il 25 aprile con tutta l'energia che possiedo, e con tutta la voce.
Chiedo anche a voi di festeggiare. Vi chiedo di ricordare, di chiedere, di indagare, di cercare le tracce di resistenza nella vostra famiglia, nella vostra storia. Se ne trovate qualcuna, per favore speditemela.
Ricreiamo la memoria. Liberiamoci.

Buon 25 Aprile.

Enrica

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