Come uscire da quella tipica situazione in cui tu,
ventenne fiduciosa,
una sera di maggio vai a teatro...
C'è uno spettacolo organizzato da Libera sui fatti di Rosarno.
Ti siedi, guardi lo spettacolo, poi le luci si ccendono e tu ti accorgi che in sala ci sono 35 persone,
tutte italianissime, pulitissime, bianchissime.
Pochissime.
E sempre le stesse...
Come uscire da questa specie di circolo di illuminati depressi?
In fondo non riesco a non pensare che in questo essere pochi, essere "noi", non ci sia un po' di autocompiacimento.
Tutta questa gente, che legge i libri sulla migrazione e non perde una rassegna sull'Africa,
mi chiedo se abbia mai condiviso un pasto con uno straniero, un divano, una panchina, un posto sul treno o sull'autobus,
un pensiero, una parola.
Penso ai miei amici, non razzisti,
anche di sinistra.
Penso ai loro sguardi quando mi incontrano con un amico africano.
Li vedo, confusi.
Non sanno se pensarmi come un animo gentile, mossa da sentimenti di pietà per i poveri e sfortunati migranti, oppure se ridere e ammiccare, come se non potessero fare a meno di fare congetture su quale tipo di ambiguità ci leghi.
Come se non fosse possibile nessun altro tipo di incontro.
Filantropia vittoriana o esotismo. Non c'è altra interpretazione.
Questo è razzismo, è serpeggiante, discreto, ma è razzismo.
Razzismo liberale, razzismo di ritorno, che nasce anche dall'autoesclusione a cui ci condanniamo, che scegliamo. Quella delle rassegne, delle mostre, delle cene africane senza africani, in cui noi vediamo la rappresentazione tranquillizzante di qualcosa che non conosciamo, che accogliamo solo formalmente. Così non ci sentamo razzisti, eliminiamo il senso di colpa. L'Africa ci piace, ma l'Africa qui non ci riguarda.
Non la incontriamo. Cosa vuol dire africano? chi sono gli africani a Parma? Come vivono? dove vivono queste persone? Come si chiamano? Da dove vengono?
Scopriremo mai che Solomon è eritreo, che non è la stessa cosa che essere etiope, che a sua volta è diverso dal dire "africano"?
Penso soprattutto a Parma, alla netta separazione degli spazi urbani tra Parmigiani e Stranieri,l'elegante apartheid che viviamo ogni giorno, che scegliamo.
Ci penso, e mi riesce un po' difficile trovare una soluzione.
Ieri, dopo l'ennesimo incontro sulla migrazione torno nella mia casa di Bologna. Io e Valeria, la mia coinquilina invitiamo degli amici a cena. Abraham, eritreo, Mor e Khadim, senegalesi. Loro sono più italiani di noi, vogliono vedere la partita, perché gioca l'Inter e poi anche un film su Italia 1. Noi sono mesi che non accendiamo la tv, così ci incastriamo tra cavi ed antenne per cercare di ottenere un immagine decente. Io credo che questo non possa e non debba stupirci. Mi auguro che non debba stupirci più.
C'è un detto etiope secondo cui noi uomini siamo tutti polmoni che respirano, solo polmoni che respirano. E sia.
giovedì 6 maggio 2010
lunedì 3 maggio 2010
Non so scrivere un libro
A volte sono spiaggia, greto di torrente, argilla. Spesso sono deserto.
Sono argilla quando ho la sensazione, come un'antica consapevolezza, di possedere un universo di storie, verità relative da raccontare.
Sono deserto quando mi accorgo che il mio tesoro di storie non esiste, che il mio discorso è un soliloquio.
Vivo ed invento frammenti, particolari che non so fondere, non so fare universo.
Sono uno scarso demiurgo.
Sono argilla quando ho la sensazione, come un'antica consapevolezza, di possedere un universo di storie, verità relative da raccontare.
Sono deserto quando mi accorgo che il mio tesoro di storie non esiste, che il mio discorso è un soliloquio.
Vivo ed invento frammenti, particolari che non so fondere, non so fare universo.
Sono uno scarso demiurgo.
Welcome, gennaio 2010
Fortunatamente questa sera ho deciso di non risparmiare e sono andata al cinema. Sfortunatamente per voi, vi scrivo ancora.
Ho visto Welcome.
Degli amici me ne avevano parlato bene, e poi il titolo mi interessava. Una parola mai così svalutata.
Il film è splendido e agghiacciante. Non fate programmi per il dopo, se andrete a vederlo. Avrete solo voglia di tenervi la testa tra le mani. O magari l'avete già visto e lo sapete meglio di me. Bilal è curdo, arriva clandestino in Francia, a Calais da dove spera di imbarcarsi per l'Inghilterra. Là c'è la sua fidanzata. Bilal ha sedici anni, l'età di mio fratello e i suoi stessi sogni. E' bravo a giocare a calcio, vorrebbe giocare nel Manchester. Dopo aver esaurito soldi e tentativi Bilal prova l'ultima impossibile soluzione: traversare la manica a nuoto. Si allena tutti i giorni, nuota in mare aperto aiutato da un insegnante di nuoto che rischia il carcere, perchè favorisce e fomenta l'immigrazione clandestina secondo l'ultima legge francese sull'immigrazione, un capolavoro di disumanità.
Guardatelo, è importante. Adesso come non mai, se non altro per continuare a “sentire” umanamente se pensare non ci riesce più.
La vera traversata dobbiamo farla noi che consideriamo straniero anche il nostro vicino di casa,che viviamo nelle nostre piccole nevrosi “civili” e lasciamo che si consumino sotto i nostri occhi le ingiustizie che 60 anni fa non abbiamo tollerato e dalle quali ci siamo liberati. Ora non le vediamo più, sono miserie di altri, clandestine.
Quello che succede oggi a Rosarno è il benvenuto mancato. C'è qualcuno che è stanco di essere invisibile, di essere un concetto, un 'astrazione, un problema. C'è chi, nonostante tutto non ha ancora abdicato alla dignità. E per noi questo è sconcertante, non siamo preparati. Noi la dignità non ce la ricordiamo più.
Ho visto Welcome.
Degli amici me ne avevano parlato bene, e poi il titolo mi interessava. Una parola mai così svalutata.
Il film è splendido e agghiacciante. Non fate programmi per il dopo, se andrete a vederlo. Avrete solo voglia di tenervi la testa tra le mani. O magari l'avete già visto e lo sapete meglio di me. Bilal è curdo, arriva clandestino in Francia, a Calais da dove spera di imbarcarsi per l'Inghilterra. Là c'è la sua fidanzata. Bilal ha sedici anni, l'età di mio fratello e i suoi stessi sogni. E' bravo a giocare a calcio, vorrebbe giocare nel Manchester. Dopo aver esaurito soldi e tentativi Bilal prova l'ultima impossibile soluzione: traversare la manica a nuoto. Si allena tutti i giorni, nuota in mare aperto aiutato da un insegnante di nuoto che rischia il carcere, perchè favorisce e fomenta l'immigrazione clandestina secondo l'ultima legge francese sull'immigrazione, un capolavoro di disumanità.
Guardatelo, è importante. Adesso come non mai, se non altro per continuare a “sentire” umanamente se pensare non ci riesce più.
La vera traversata dobbiamo farla noi che consideriamo straniero anche il nostro vicino di casa,che viviamo nelle nostre piccole nevrosi “civili” e lasciamo che si consumino sotto i nostri occhi le ingiustizie che 60 anni fa non abbiamo tollerato e dalle quali ci siamo liberati. Ora non le vediamo più, sono miserie di altri, clandestine.
Quello che succede oggi a Rosarno è il benvenuto mancato. C'è qualcuno che è stanco di essere invisibile, di essere un concetto, un 'astrazione, un problema. C'è chi, nonostante tutto non ha ancora abdicato alla dignità. E per noi questo è sconcertante, non siamo preparati. Noi la dignità non ce la ricordiamo più.
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