sabato 26 giugno 2010

La Poltrona


Non ricordo come si chiama, forse non lo so. Mi piace quello che dice.
Lo dice sprofondando in una poltrona a rotelle, sotto un albero. Grigia, finta pelle da ufficio. Venerdì sera, giardini Fava, Bologna. Non è arrabbiato ma parla chiaro, pensa chiaro.

"Vi stanno togliendo tutti i diritti, uno ad uno, e voi non fate niente. Mi dispiace dirlo, ma questa cultura italiana del non pensare e del non agire è una vostra enorme stupidità. Prima di venire in Italia credevo che il problema dell'Africa fossero il colonialismo e ciò che ne ha preso il posto, ma soprattutto gli europei.
Vi immaginavo ricchi sfruttatori. Poi sono arrivato qui e vi ho visti, ho visto che avete i nostri stessi problemi, che vivete come noi e vi ribellate meno di noi. Allora ho capito che non esiste più nero e bianco, non può più esistere una lotta così. Esistono europei poveri ed africani poveri. Esistono ricchi e poveri, senza colori. La lotta è globale, la lotta deve essere globale.
Penso ad uno dei più grandi leader africani, Thomas Sankara. Lui aveva capito: non ha mai attaccato o accusato gli europei di tutti i mali africani, ma ha accusato il capitalismo. Non si tratta di persone o razze, ma di modelli economici. Sankara andava in bicicletta, guidava una Renault 5, viaggiava in classe economica. Ha vissuto come viveva il popolo, ha promosso la salute del popolo.
E' stato uno dei primi a dire che la gente aveva diritto di mangiare ciò che coltivava e di coltivare ciò che voleva mangiare.
La politica europea è fondata su una menzogna e nessuno la smaschera. La menzogna è quella di pensarvi democratici. Ciò che per voi è deemocratico è il vostro interesse e pretendete anche di esportarlo. Chiedetevi cos'è questa democrazia che vi fa fare la fame".
Poi sprofonda nuovamente nella poltrona: "Mi piacciono le poltrone, a casa dei miei amici tutti mi lasciano la poltrona appena entro".

Estrae un'armonica e suona.
Io penso a noi, schiavi di una poltrona fantasma, ormai anche un po' scomoda.

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