sabato 3 luglio 2010

Libia

Leggo il giornale con orrore. Voglio scriverne ma non trovo parole per commentare quello che sta succedendo in Libia in questi giorni, mentre il mondo è seduto con ciabatte e birra di fronte ai mondiali.
Penso agli amici che quel viaggio l'hanno fatto. Che sanno cos'è una prigione libica. Che sanno che mai ci si dovrebbe andare, mai. E soprattutto mai ci si dovrebbe tornare. Come sanno che non si può e non si deve ritornare al paese da cui si è fuggiti disertando il servizio militare. Che l'accoglienza non sarà buona, ma qualcosa di disumano, come questo silenzio.
Come sfondare questo muro di indifferenza non lo so. I chilometri non cancellano le storie, né i segni delle botte. Vorrei poter dire ai miei amici eritrei di tormentarci, di raccontare continuamente i loro viaggi a chiunque, ovunque. Che ad ogni singolo italiano incontrato in autobus, in treno o al supermercato regalino una parte di storia e di orrore. Un po' di ferite, di sete, di piaghe...tutto quello che non si può raccontare.